VINCERE L’ANSIA FACENDO DI MENO – OLIVER BURKERMAN

L’improvvisazione è meravigliosa. Il primo anno di corso lo è di più. Ed esserne l’insegnante lo è ancor di più. Perché il primo anno succede una cosa fighissima.  Dai qualcosa, insegnando a togliere. Togliere l’ansia da prestazione, il giudizio e il pregiudizio, la paura di non essere all’altezza, la vergogna, il “non sono bravo” o l’ancor peggio “devo essere originale”.

Condivido questo articolo tratto da Internazionale (trad. di Bruna Tortorella).

Ogni volta che qualcuno dice che “al mondo esistono due tipi di persone” – gli estroversi e gli introversi, i realisti e gli idealisti, gli ottimisti e i pessimisti – state sicuri che sta semplificando. Tuttavia, una distinzione utile esiste: nei nostri rapporti con gli altri quasi sicuramente siamo iperattivi o ipoattivi. Davanti a un problema, possiamo decidere di prendere in mano la situazione, attaccare la lista delle cose da fare e offrire consigli che riteniamo utili, oppure ci facciamo da parte, chiediamo aiuto, speriamo che sia qualcun altro ad assumersi la responsabilità e ci chiamiamo fuori.

Detta così, sembra che gli iperattivi siano persone concrete e vincenti (anche se leggermente fastidiose), mentre gli ipoattivi siano solo parassiti. Ma la verità è molto più complicata, e anche più interessante.

Il rapporto si fossilizza e ognuno accusa l’altro di essere troppo pigro o troppo brontolone.

Il problema, secondo Murray Bowen, lo psicologo che ha proposto questa distinzione, è che in un rapporto questi due tipi di persone finiscono per entrare in un circolo vizioso in cui si rinforzano a vicenda.

Il primo si assume più responsabilità di quante dovrebbe, per esempio nei lavori di casa, nei rapporti con i figli, nel prendere decisioni economiche, perché altrimenti nessuno lo farebbe. Ma questo non fa che rinforzare la dipendenza dell’altro, che veramente non fa più nulla e costringe l’iperattivo a svolgere sempre più compiti. Il rapporto si fossilizza, e ognuno accusa l’altro di essere troppo pigro o troppo brontolone.

Una volta capito il meccanismo, se ne possono vedere esempi ovunque: non solo tra le coppie sposate, ma anche tra gli adolescenti, che diventano più passivi quando i loro genitori insistono perché prendano iniziative, o tra i capi che più si immischiano nel lavoro dei loro sottoposti più sono costretti a farlo perché questi non si assumono nessuna responsabilità. Chi assume il controllo lo fa per controllare la propria ansia. Se state leggendo questo articolo, e se vi interessa questo genere di problemi, è probabile che siate tipi iperattivi come me.

(Diciamo la verità, dare consigli agli altri su come dovrebbero comportarsi in fondo è un modo patologico per voler avere tutto sotto controllo).
La questione più spinosa è che l’iperattivismo non è quasi mai considerato un problema. Sia gli iperattivi sia gli ipoattivi tendono a pensare che l’iperattivo sia una persona pragmatica e concreta, mentre l’ipoattivo è un “bambino difficile”, il partner debole in una coppia, o un dipendente poco motivato. Ma in realtà, chi assume il controllo lo fa per placare la propria ansia, e chi accetta di essere controllato lo fa per lo stesso motivo. “Gli iperattivi”, dice Brené Brown, “preferiscono fare che soffrire”.

Rompere questo schema non è facile, perché gli iperattivi dovrebbero tirarsi indietro e fare di meno. Questo significa permettere che qualcosa possa andare storto e sopportare l’ansia che ne deriva.

(Harriet Lerner ha reso famosa questa dicotomia nel libro “La danza della rabbia”. Lo chiama “restare in attesa”, non assumersi le responsabilità dell’altro né cedere all’emotività).

E all’inizio non aspettatevi che il partner passivo sia contento, perché anche essere spinti ad assumersi maggiori responsabilità provoca ansia. Ma è l’unico modo per uscire dal circolo vizioso. Per citare la psicologa Carin Rubenstein, gli iperattivi hanno bisogno di un nuovo motto: “Fate meno di quello che potete!”.

4 commenti su “VINCERE L’ANSIA FACENDO DI MENO – OLIVER BURKERMAN

  1. Ciao Roby, è da un po’ di tempo che ti seguo su facebook perché siamo vecchi amici… Mi ricordo bene gli anni del liceo e il come lottavamo coi più grandi per imporci. Mi fa un enorme piacere vedere che piano piano, stai realizzando i tuoi sogni anche se non avevo neanche il minimo sospetto che tu volessi prendere questa strada. Ti auguro tutto il meglio amico mio. Spero un giorno di incontrarti, oppure di venire a vederti a teatro.
    Un saluto e un grosso abbraccio
    Ivan

    1. Ciao Ivan! Sei parte di quella schiera di amici indimenticabili, conosciuti in un periodo della vita indimenticabile.
      Ne abbiamo fatta tanta entrambi, di strada. E, anche se in direzioni differenti, ma fa sempre molto piacere ritrovarti e sapere che stai bene. Quindi facciamo in modo che il tutto si traduca in realtà e speriamo di vederci al più presto. Un grande abbraccio a te.
      Roby

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