IL TEATRO SECONDO ME – 1

Il teatro secondo Gabriele Lavia.

“ Teatro è una parola greca che vuol dire ‘luogo dello sguardo’, thea (ha a che vedere con lo sguardo) e tron (luogo, edificio), che poi a dirla tutta sarebbe ‘luogo della sguarda’ perché è thea non theo, quindi dea. In greco dio vuol dire sguardo. Naturalmente non è il Dio che conosciamo oggi, per gli antichi greci sarebbe esistito anche il dio di questa matita che ho in mano che mi guarda quando io la vedo. Teatro è il luogo dove io colgo lo sguardo. Lo sguardo di me stesso, rappresentato. In altri termini, per dirla con la nostra cultura, mi riconosco, e riconoscendomi compio l’atto indispensabile affinché io sia io, altrimenti io non saprei chi sono. Questo avvenimento, straordinario e unico, è probabilmente l’accadimento più antico nella storia dell’uomo. Questo accadimento è l’unico che fa sì che l’uomo prenda coscienza di sé.

E accade soltanto a teatro.

Qualcuno mi potrà obiettare: ma come, allora se io non vado a teatro non prendo coscienza di me? No. Ma allora, se vado al cinema non prendo coscienza di me? No. Non perché il cinema sia inferiore al teatro o la pittura inferiore al teatro, ma questo prendere coscienza di sé accade soltanto in questo strano luogo che si chiama ‘luogo dello sguardo’. O della dea. Perché, che cosa è questa dea, questa sguarda di cui  si parla nella parola theatron? Questa dea è quella che in greco si dice aletheia e che in italiano è stata tradotta male, dai latini, con la parola veritas, la verità. Di che? Di essere me stesso.
Oh, intendiamoci, si vive benissimo anche senza sapere chi siamo. Alcuni credono di sapere chi sono “io sono colui che c’ha una Ferrari, o che c’ha una moglie, o che c’ha un vestito”, ma questo è un processo di identificazione. Invece a teatro accade un processo diverso, non di identificazione, ma di agnizione. La presa di coscienza di sé, il riconoscimento di sé è una super narcosi dell’io, così difficile per l’umanità che appunto ha trasformato la parola greca aletheia in veritas: aletheia significa ‘svelatezza’, veritas significa, badate bene, ‘essenza del portone’ da verum ‘portone, barriera’. Allora uno dice, ma il teatro dunque non è più utilizzabile? Io credo che passeranno molte cose fuori uso, ma non il teatro. Perché è la più difficile, complessa e precaria fra le arti.”

(Gabriele Lavia per firenzemadeintuscany)

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